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Loda: macchine e attrezzature agricole “Strùt” un soprannome che è sinonimo di instancabile volontà

Se i fatti potessero sostituire le parole nella stesura di un racconto, per i Loda, Guglielmo e Giovanni, che sono padre e figlio, sarebbe facile scrivere interi capitoli. Sono persone pratiche, abituate al lavoro, a quello duro, a quello che non lascia molto tempo per raccontarsi, a quello che privilegia l’azione rispetto alla parola.

Sono le due del pomeriggio di un caldo giorno d’inizio Agosto quando, nel cortile assolato della loro azienda, incontraimo Giglielmo Loda, classe 1935 e fondatore, insieme al padre, dell’impresa. E’ lui che apre il pesante cancello a mano e senza perdere un minuto si mette alla guida di un piccolo trattorino da giardino ed è a lui che ci rivolgiamo chiedendogli informazioni. Dovete parlare con mio figlio…stà arrivando. Non spreca parole Guglielmo, ha troppe cosa da fare prima che arrivino i clienti deve essere tutto sistemato. Entriamo nel grnade caponnone per cercare riparo all’insopportabile calura, Allineate sul pavimento e in ordine di dimensione una serie di tosaerba da giardino e di fronte una serie di scaffali che espongono attrezzi agricoli e di giardinaggio. In questo spazio si apre anche l’ufficio, ed è davanti alla scrivania di suo figlio Giovanni che Guglielmo Loda ci fa accomodare. Lui non si siede, rimane appoggisto alla vetrata, non sia mai che un cliente abbia bisogno di lui…e lui non sia disponibile. Di dove siete originari? è la prima domanda che facciamo.

Siamo di Piffione “endoe i fera i oc col martili del paja” lo scriva questo, tanto lo sanno anche in America, nel Vermont. E’ tale la sorpresa che si legge sulle nostre facce, che Giovanni Loda ci racconta di avere amici laggiù e che anche loro conoscono questa peculiarità dei Piffionesi. Anzi aggiunge qui si racconta che durante la guerra, quando in città si scarseggiava di farina, due signore cittadine vennero a Piffione in bicicletta per acquistarne, si fermarono davanti ad un’osteria e chiesero agli astanti “scusate, siamo a Piffione?””certo signora” risposero quelli “proprio a Piffione dove si ferrano le oche di passaggio”.

La nostra è una famiglia di fabbri ferrai, mio nonno e suo figlio, lo zio Guglielmo, ferravano i cavalli e riparavano i carretti. E fu cadendo e travolto dalle ruote di un carretto che lo zio mori ancora giovane. A me hanno dato il suo nome. Mio padre invece che si chiamava Giovanni, ma per la gente del posto era “Gioan Strùt” era del ‘908 e andò a lavorare nell’officina dei Valzalli che riparavano le macchine agricole che si usavano a quell’epoca, soprattutto le trebbiatrici; ci andò che era quasi un bambino e si fermò per più di 25 anni. Il lavoro era tanto, ma la paga era poca e si faceva una gran fatica in casa a tirare avanti. Accettò volentieri di cambiare e andare a lavorare a Montichiari da Moreni. In quell’officina si riparavano i voltafieno, gli aripici, gli aratri a mano e l’assolcatore, che si utilizzava per allargare i solchi nel terreno che servivano per irrigare i campi di granoturco. Papà entrò in società quando Moreni, che era il titolare, si ammalò e i suoi figli erano ancora troppo giovani per seguire l’azienda; anch’io andai a lavorare con lui; Tutti i giorni in bicicletta da Piffione a Montichiari e ricordo bene quella piccola fucina a manovella che utilizzavamo per incalzare i vomeri.

E’ nel 1949 che Giovanni Loda decide di mettersi in proprio e di aprire un’attività per la riparazione di macchine agricole, sarebbe stata solo sua e ci avrebbe lavorato con i suoi figli Guglielmo e Luigi. Non era certo la voglia di lavorare che gli mancava e neppure l’energia per tirarsi su le maniche. E cosi, in un locale a fianco della chiesetta di Piffione, attrezzato con una forgia, un incudine, una mola e una saldatrice ad ossigeno prende il via l’attività dell’azienda Loda, dedicata alla riparazione di macchine agricole. E’ curioso ricordare come Guglielmo Loda appartenga a quel gruppo di affezionati clienti, già citati nel raccontod della Cima Group, proprio uno fra quelli che ritirarono la saldatrice trasportandola su un carretto a mano. Erano tempi duri, la guerra era finita da poco e gli anni del “miracolo italiano” erano ancora lontani. L’unica ricchezza dei Loda era, e continua a essere, la voglia di lavorare e la loro volontà diventa il vero motore che li spinge ad andare avanti. Nel 1957 l’attività dell’officina si amplia con l’installazione di un distributore. Non era certo un impianto come quelli che vediamo oggi ci racconta allora si vendeva soltanto benzina e miscela e vendevamo anche le bombole del gas.

Purtroppo Gioan Strùt riesce a lavorare nella sua officina e con i suoi figli soltanto per una decina d’anni, a seguito di una malattia scompare nel 1960. Con mio padre eravamo riusciti a crearci un bel giro di clienti, il lavoro era aumentato e anche la nostra esperienza, le macchine agricole si erano evolute e noi avevamo seguito la loro evoluzione meccanica. Fu nei primi anni ’60 che cominciai a interessarmi e a specializzarmi nella riparazione delle mietitrebbie, quelle macchine gigantesche che da sole facevano il lavoro di molti uomini, La loro meccanica era cosi elaborata da richiedere però una continua manutenzione. Le prime che riparai furono quelle di nostro cugino Uberto Uberti. Imparai anche a manovrarle e intuendo che gli agricoltori avevano l’esigenza di qualcuno che le sapesse condurre nella fase di mietitura e della trebbiatura, ma che all’occorrenza le sapesse anche riparare, decisi di dedicarmi a quel settore. Fui il primo nella nostra zona. Mio padre aveva fatto costruire la nostra casa, ma ci lasciò prima ancora di aver finito di pagarla, avevamo debiti e quelli si sa che aguzzano l’ingegno e raddoppiano la volontà. Ricordo che in quegli anni seguii una di quelle macchine anche in Calabria. La smontammo “alla piccola” di Brescia, fu trasportata in treno fino a Sibari, dove io andai per rimontarla e per fare la trbbiatura. Allora si faceva la doppia stagione, i cereali si maturano prima al sud, e quindi si andava nel meridione per fare la prima stagione, terminata quella si tornava nelle nostre zone per fare la seconda. Mio padre mi aveva insegnato che esiste un modo soltando per guadagnare: lavorando. Ed è la stessa cosa che io ho insegnato a mio figlio Giovanni: è il lavoro, il lavoro onesto l’unico modo di guadagnare; e se vuoi guadagnare di più bisogna lavorare di più. E io avevo un gran bisogno di guadagnare per finire di pagare i debiti. Ricordo che per alcuni anni andai a trebbiare anche nella zona di Ludriano, dalla signora Quartini che aveva alcune macchine.

Lucia diventerà presto una figura molto importante per la famiglia e per l’attività di Guglielmo. Sarà il suo sostegno e lo stimolo per proseguire la strada che porterà la sua realtà aziendale ad essere ciò che oggi è, ma che allora non era neppure immaginabile. Una donna forte, che ha conosciuto le difficoltà della vita senza scoraggiarsi mai e che possedeva l’energia anche per sostenere chi le stava al fianco. C’è chi la ricorda, quando la famiglia Loda ancora gestiva il distributore di benzina, caricarsi sulle spalle e spostare le bombole del gas da quaranta chili. Oggi non è più fra noi, ma sono gli occhi, non le parole, di Guglielmo e Giovanni Loda che esprimono quanto, più che mai, sia vivo oggi il suo ricordo. Fu lei a sostenere il marito nella decisione di fare società con due grossi agricoltori, Enrico Modenesi e Antonio Zanardini, per ampliare l’attività di controterzisti nella mietitrebbiatura e Guglielmo, che durante l’anno portava avanti l’attività di meccanico riparatore di macchine agricole, nella stagione estiva saliva a manovrare le grande mietitrebbie. Dopo un anno la società ebbe un riassetto con la fuoriuscita di Zanardini e l’ingresso dell’amico ALdo Aurora.

Nell’officina incontriamo Modenesi, ha un viso solare, con un sorriso aperto e una stretta di mano energica, da uomo avvezzo a lavorare la terra. E col suo sorriso aperto ci raccomanda scrivetelo che siamo di Piffione…endoe i fera i oc col martili de paja e i ciudili dè boter…!. Questa aggiunta ci è nuova e con piacere la riportiamo. Con l’esempio del padre cresce Giovanni Loda, con la stessa dedizione al lavoro e la stessa operosità, ma forse con un pizzico di ambizione in più, quella sana ambizione che ti sprona a lavorare e ad impegnarti per emergere. Grande appassionato di meccanica e di motori, si diploma motorista ed entra subito a lavorare in un’importante azienda bresciana specializzata in riparazione di macchine agricole; dopo un’esperienza di sette anni, col suo diploma in tasca, entra nell’impresa di famiglia. Dal padre apprende e assorbe la lunga esperienza che ha maturato riparando le grandi mietitrebbie, con lui impara a manovrarle e insieme continuano l’attività di mietitrebbiatori contoterzi. Ricordo bene quante domeniche abbiamo passato sulle mietitrebbie, mentre i miei amici erano a divertirsi è Giovanni Loda che prosegue ma il nostro obiettivo era quello di realizzare un’azienda per commercializzare e riparare macchine agricole, i trattorini, i tosaerba, le motoseghe e quel sogno che vedevamo cosi chiaro davanti a noi ci dava la volontà di andare sempre avanti. Io ho iniziato riparando macchine piccole, poi con l’esperienza e gli insegnamenti di mio padre e lo stimolo di mia madre son cresciuto professionalmente e insieme a noi si è sviluppata l’azienda che ha avuto un grande impulso verso la fine degli anni ottanta quando siamo riusciti ad ottenere anche la licenza per la vendita di macchine agricole e accessori per il giardinaggio. La nostra sede fino al 2000 era Piffione, sotto la nostra casa in via Brescia, poi ci siamo trasferiti in un capannone in affitto nel territorio di Castenedolo e, nel 2004, abbiamo acquistato quella che è la nostra sede attuale, a Borgosatollo.

In pochi anni l’azienda Loda si sviluppa nella vendita e nella riparazione di macchine sempre più sofisticate e sempre più evolute, dedicate sia al verde pubblico sia a quello privato, per giardini, campi da golf e centri sportivi. Un’azienda che affonda le sue radice nell’operosità di Gioan Strùt, nell’indomabile volontà di Guglielmo Strùt, nel continuo sostegno e partecipazione di Lucia, sua moglie, e nella tenace ambizione di Giovanni. La storia di una famiglia che, agendo col cuore e con la passione, è riuscita dal nulla, ma non per caso, a creare un’azienda che oggi è diventata un simbolo di eccellenza bresciana.